Didoo

I schei

Riporto integralmente il commento di un lettore del Corriere.it, che mi ha fatto riflettere. Premetto che io ai veneti voglio un gran bene, sono un po’ come noi bresciani, ma molto più allegri.

Caro povero titolare. Cosa farà senza i suoi cari schei. Cari poveri veneti oramai i schei vi hanno dato la testa. Dimenticate che neppure 50 anni fa tantissimi se ne andavano in Australia a cercare lavoro, perchè qui si viveva in povertà. Dimenticate che 100 anni fa dovevate faticare per raccattare qualcosa dalla terra coltivata e tiravate avanti a polenta e fichi. La pellagra e la malaria erano di casa e chi riusciva se ne andava in ” ‘merica” a tentare la sorte. Adesso state affogando nei vostri stessi schei; incapaci di gestire la vostra cultura, abbandonate le tradizioni (perfino lo spritz è stato stravolto), le vostre montagne (inquinate, devastate e terra di conquista non della sana fatica, ma degli ultimi comodi SUV), la vostra pianura (oramai trasformata in un susseguirsi di capannoni, TIR, strade e inquinamento). I vostri vecchi non vengono più accuditi dai più giovani in quella ruota che è la vita. Questo permetteva una volta quel passaggio di consegne e di ricordi che rappresentava il cambio di generazione e, nello stesso tempo il mantenimento delle tradizioni. I giovani, ora, devono spendere i schei, guadagnare i schei, non hanno tempo da perdere. Ed ecco i nostri vecchi che vengono accuditi da estranei: i badanti,che ne raccolgono le ultime testimonianze di un tempo che fu. Povero titolare, talmente imbrigliato nella tela da te stesso tessuta che non riesci a guardare il mondo che ti circonda e ti stupisci: “così fan tutti…”. E non riesci a capire che sei diventato un piccolo ed insignificante ingranaggio di una macchina: la macchina che fa “schei”. Chissà forse da lassù i tuoi e i nostri poveri antenati: abbiamo faticato così tanto da arrivare a questo?

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